Notte stellata a Cortina (nonostante le nubi plumbee che occultano le Dolomiti: il che è tutto dire). Ad accendere l’entusiasmo ci pensano l’astrofisica Margherita Hack ed il teologo Vito Mancuso. Elevato incontro di menti brillanti, gara d’intelletti come pacifico duello tra schermidori pensanti.
Lievemente, l’astrofica riassume quella che il teologo definirebbe “Creazione”: «L’esperimento è facile, in una provetta uno scienziato inserì miscugli di atomi simulando un oceano primordiale, dopo settimane in quello stesso brodo scientifico si erano formate molecole complesse». Ora, immaginate di poter riprodurre la prova ardimentosa in uno spazio grande quanto – chessoio – l’universo, l’effetto sarebbe sorprendente. L’opera divina riprodotta in laboratorio fa storcere il naso al teologo Mancuso, fervido cultore di riti e fedi innamorato persino – lui, cattolico – del politeismo ellenico. Vede uno spazio decisivo per il ruolo del Padre pantocratore negli istanti dei primi vagiti del globo, «materia deriva dal latino mater, così come energia significa al lavoro». Sono dunque, secondo lui, le radici stesse dei termini che comodamente ogni giorno maneggiamo a rivelarci l’impronta discreta di una mano sapiente. Il dubbio aleggia in sala, a ravvivarlo l’obiezione della grande scienziata italiana che si chiede (sgomberando il campo da ogni tesi creazionista o ancora evoluzionista in due semplici mosse) se l’universo non sia forse sempre esistito. E se, dunque, ogni nostro brillante dibattito non sia piuttosto pletorico ed insensato. Insensato no – la risposta non si fa attendere – giova, in ogni caso, riflettere e ragionare. Accendere, insomma, oltre ai neutroni anche i neuroni. La simpatia della Hack è contagiosa, si lambicca in un paradosso spassionato (da pronunciare con spiccato accento toscano): «c’avete ragione voi Cristiani, ci vuole coraggio a non credere in Dio: avete visto quant’è bello il cielo zeppo di pianeti ed asteroidi?».
Non lesina critiche all’attivismo fin troppo ingerente delle gerarchie vaticane, la Hack, incassando finanche l’assenso del moderatore Salvatore Carrubba quanto alla “discesa in campo” dei parroci italiani al momento del voto referendario sul quesito inerente l’approvvigionamento idrico, e cita il Pontefice tentando di smentirlo: «Avidi e arroganti sono gli scienziati quando e se vogliono sostituirsi a Dio». Fa da sponda Mancuso: «il gas primordiale è felice quando pensa il bene, anche in questo incontro la presenza di un Essere grande: son solito definirlo per l’appunto Essere-Energia per sgombrare il campo dai dubbi circa la geniale potenza del nostro Dio». Cita poi uno dei più grandi filosofi del Novecento, mutuato dagli insegnamenti del suo padre spirituale, il cardinal Martini: «la differenza non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa». Silenzio cogitabondo in sala. Immersi nel mistero che le mille religioni interpretano in modo diverso, non si può rinunciare all’idea di una Divinità caritatevole. L’emozione è assicurata, la commozione pure. «Quando penso al cuore, ad un grande cuore, ad un animo magnanimo, Mahatma - direbbero altrove - beh, in quella anima grande e pronta a darsi all'altro con generosità, lì c'é il mio Dio». L’epilogo è dei più gustosi. Incalza l’editorialista del Sole 24 Ore, con uno di quegli enigmi che levano il sonno: «Siamo soli nell’Universo?», il battibecco è in realtà un condensato di sorrisi. «Macché, tutt’altro, ci sono buoni indizi per affermare che organismi elementari possano svilupparsi anche altrove», «del tutto plausibile, il nostro Dio è senz’altro generoso», «eppoi, sarebbe un tirchio sennò, già che c’era – lì a costruire il mondo – poteva donare la vita anche a qualche altro posto».
Applausi scroscianti in sala, e non perché questa forma illuminata di appeasement rappresenti un accomodamento intellettuale, ma perché in una fresca serata di luglio si scopre come le nostre barriere mentali siano fin troppo facili da scavalcare. Perché le idee forti non mentono, e convincono.