Pubblico delle grandi occasioni per l’incontro con i tecnici dell’economia italiana. Presenti Fabio Cerchiai, presidente Atlantia e di Ania ed Innocenzo Cipolletta, presidente Università Trento, presidente Ubs Italia Sim, autore de “Banchieri, politici e militari” (Laterza). Si parla di economia, come risalire la china e di quanto grami siano i tempi in cui muoversi.
Antonio Catricalà, presidente Antitrust, sostiene che «non possiamo più sperare in interventi pubblici nell'economia. Oggi ci arriva dall'alto l'imposizione di fare cose difficili. Noi - ha continuato - lo dicevamo da anni che bisognava farle. I benefici delle liberalizzazione, ad esempio, non arrivano subito ma con tempi dilatati. Quando uno è malato il medico gli dice di operarsi ma guai se deve intervenire d'urgenza. Ora è il momento di intervenire - ha concluso Catricalà - è un bene doverlo fare. Ne abbiamo visto troppe in questo periodo: da imprenditori che volevano battere i monopoli, categorie che si trinceravano dietro a trincee di bieca conservazione. Ben venga questo vento innovatore, purché venga. Per Enrico Giovannini, presidente dell'Istat, «le imprese italiane vanno tranquillamente all'estero: ci dobbiamo domandare perché gli altri non vengano da noi. Siamo al centro di una rete infrastrutturale e centrale d'Europa. Abbiamo mano d'opera stupenda e un Paese straordinario. Ma perché non abbiamo la fila?» Ecco la risposta: «per gli altri siamo incomprensibili e lo saremo anche di più con il Federalismo. Sono dieci anni che ci chiediamo perché non cresciamo, è un anestetico lento e a dosi continue. Da qui si spiega anche perché molti giovani vanno all'estero: il nostro Paese si è adagiato su ciò che ha creato e che la generazione attuale non riesce a rinnovare».
Per Giuseppe Mussari, presidente della Monte Paschi di Siena e presidente Abi (la sigla che raggruppa tutte la banche italiane) «nulla è stato messo sotto il tappeto». Ancora, «siamo uno dei pochissimi Paesi al mondo in cui le banche non sono costate una lira ai contribuenti. Ciò è dovuto alla Banca d'Italia e alla natura delle nostre banche. Se il credito è erogato saggiamente viene erogato con una sofferenza ridotta. Questo è ciò che ci ha salvato». «Non dobbiamo più però chiamarla crisi: questa è una fase nuova se non lo si capisce si rischia il declino». A tutto campo, Mussari ha poi osservato che in un ciclo economico avverso anche il credito a famiglie soffre. «Il credito, se erogato in maniera sana e ragionevole, ha una vita anche quando va in sofferenza. Non è uno strumento finanziario che, se oggi perde il 10%, è meno 10% e, se domani perde il 50, è meno 50. Questo è quello che ci ha salvato e ci continua a mantenere in vita». Mussari ha concluso sottolineando che «noi abbiamo una strettissima correlazione tra il rischio delle banche italiane e il rischio del Paese, cioè la correlazione (qui si va sul tecnico) tra i nostri SDS e i SDS del Paese è strettissima». Dita incrociate, non c’è che dire.