CORTINA RACCONTA - Libertà e disunità
Libertà e disunità
Evento del: 10/08/2011 18:00 - Audi Palace
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​Metti due giganti, due giganti intellettuali rispettati e stimati su ogni fronte. Metti la congiuntura complicatissima ed un pomeriggio soleggiato. A Cortina si discute di futuro, numeri, diritti e libertà. Sergio Romano, storico, editorialista della testata di via Solferino, autore con Marc Lazar de “L’Italia disunita” (Longanesi) esordisce così: «siamo un Paese disunito eppure ancora avvolto nel tricolore». Stefano Rodotà, professore emerito Diritto civile Università Sapienza Roma, autore de “Diritti e libertà nella storia d’Italia. Conquiste e conflitti 1861-2011” (Donzelli) si lamenta del “provincialismo europeo”, che fa sì che «uno starnuto a Wall Street, è polmonite da noi».

Romano si scaglia contro il parlamentarismo marcio, criticando i meccanismi elettorali che si sviluppano nel Mezzogiorno d’Italia: «Stiamo tessendo la tela di Penelope, continuiamo a perpetuare una classe dirigente clientelare che i voti li raccoglie in quel modo, appaltando il consenso e stabilendo un meccanismo di subordinazione nociva». A proposito del recente dibattito politico sulle ricette per uscire dalla crisi, l’ex presidente dell'Autorità per la Privacy ha invece sostenuto che «l'articolo 41 della Costituzione tutela la libertà di impresa; nessun imprenditore ha mai avuto problemi con questo testo, si tratta problemi di legislazione ordinaria minuta. Se si scriverà - come qualcuno propone - “tutto ciò che non è vietato è concesso” si darà fortissimo incentivo a legiferare, perché si dovrà scrivere una serie di norme nuove per evitare che ci sia la tanto temuta “sopraelevazione del Colosseo”». Quanto alla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, «sembra un tema significativo, ma è sostanzialmente un diversivo». L’auspicio è che il Governo sia più attento all’Europa. Berlusconi, agli ospiti, è parso piuttosto distratto se non insofferente.L'editorialista del Corriere della Sera ha voluto fare il punto sull'attuale crisi finanziaria: «La responsabilità è una combinazione di mali nostri ed altrui. Non è un problema solo italiano, se fossi inglese sarei arrabbiato con Cameron, da francese con Sarkozy da tedesco con Angela Merkel. Non ci sono governi innocenti. All’origine di questi mali c'è, però, una gestione americana della crisi doppiamente responsabile. Se noi siamo in crisi, è anche perché - per almeno otto anni - il governo degli Stati Uniti ha dato licenza a Wall Street di stampare moneta, assolutamente fuori controllo, senza tenere il conto di quanta ne stesse circolando sui mercati». Si riferisce ovviamente ai titoli derivati, all’origine del crack mondiale. «Una politica finanziaria che non proviene dalla Casa Bianca è destinata ad aver conseguenze nefaste. Quando si sbaglia, specie se si è leader mondiali (e vorremmo vedere), si paga. Obama non ha gestito bene il problema del tetto del debito americano, il quale, va ricordato, fu un'invenzione repubblicana per fissare una soglia oltre la quale si era dei falliti (una soglia giuridica, non reale). Se gli Stati Uniti superano quel tetto non diventano automaticamente uno Stato in default. Saranno in difficoltà, questo sì, ma questo non significa dire addio agli Stati Uniti». Poi la chiosa, molto intelligente: «Nelle critiche ho dato per scontato quella a Berlusconi per non ripetermi e per non prestare il fianco a ragionamenti di partigianeria».

Si conclude con Giambattista Vico: “ci sono delle situazioni che sembrano traversie ma sono opportunità”. Magari anche questa lo fosse.
 

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