CORTINA RACCONTA - Professione reporter
Professione reporter
Evento del: 06/08/2011 18:00 - Audi Palace
Data articolo: 07/08/2011
​L’inviato di guerra non esiste. È una definizione vuota, retorica, fintamente perigliosa e roboante. Esiste l’inviato, e costui si occupa di fatti diversi tra cui i conflitti internazionali. È ora di finirla col ritagliare un mito attorno alla figura del reporter scapigliato e in onda dal disastro. Gli ospiti in sala concordano pienamente, ma lo sfogo è di Stella Pende, nota reporter dai più caldi teatri di guerra. 

Ilaria Alpi, la reporter italiana scomparsa tragicamente mentre si trovava nel continente africano per un’inchiesta su petrolio e corruzione, amava ripetere: «A me piace andare, vedere e riferire, e non farmi raccontare da altri ciò che è successo. E questo sempre, in ogni circostanza». Questo pare sia lo spirito che ha animato il “mestiere” dei nostri ospiti. Oggi si raccontano giornalisti di ogni ordine e grado. Toni Capuozzo, vicedirettore del tiggì della rete ammiraglia Mediaset, curatore e conduttore di Terra! settimanale su Canale 5, Massimo Nava, inviato Corriere della Sera, autore de “Il garibaldino che fece il Corriere della Sera” (Rizzoli), Stella Pende, autrice de “Confessione reporter” (Ponte alle Grazie). Rievocano gioie e trami vissuti, come quell’infernale pioggia di missili che sorprese una troupe, al riparo di un lussuoso albergo cittadino. Si rischiava, insomma, di capitolare col bavaglino intorno al collo: che fine ingloriosa!

Si riflette sul ruolo del cronista di guerra (che poi, già il concetto stesso di guerra è vago e ambiguo: è guerra un tafferuglio di esagitati ultras, è guerra un terremoto che sconvolge geografie e distrugge vite, è guerra un corteo furibondo di precari pronti a tutto). Ci vogliono curiosità, sprezzo ed insieme timore del pericolo, per abbandonare il confort di una redazione e tuffarsi nell’Inferno. Si riflette grazie anche alla testimonianza di Mario Renna, ufficiale addetto alla pubblica informazione della “Brigata Taurinense”, autore oltretutto de “Ring Road” (edito da Mursia). Racconta, mentre affida le proprie coccole al basco alpino che reca in grembo quasi fosse un pargolo, che in Afghanistan il motto “Italiani brava gente” vale ancora: le popolazioni civili, infatti, stimano gli uomini e le donne del contingente tricolore e vi riconoscono un indispensabile presidio per la democrazia ed i diritti sociali che il regime aveva demolito.

Sentenzia Capuozzo: «I militari non sono “Rambo”, abituiamoci all’idea del professionista che si impegna nella propria attività puntando sull’adempimento convinto dei propri doveri». Quanto al mondo dell’informazione, beh: «ci vuole tanto coraggio per sopravvivere, son pessimista però». Toccherà smentirlo, insomma. È già questa è una speranza, per tutti.
 

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