CORTINA RACCONTA - RACCONTARE L’ITALIA
RACCONTARE L’ITALIA
Evento del: 14/08/2011 18:00 - Audi Palace
Data articolo: 15/08/2011
​Forfait imprevisto di Enrico Mentana, ma la macchina di InConTra non si ferma mica. File lunghe metri davanti l’ingresso della tensostruttura ampezzana, pubblico assiepato sulle poltroncine rosse. Arriva puntuale Bruno Vespa e l’applauso è tutto per lui. Lo storico anchorman Rai si dice da sempre favorevole alla concorrenza, per questo si augura che presto il “carrozzone” venga messo sul mercato. Commenta il successo del nuovo Tg guidato da Enrico Mentana, cui arrivano i complimenti dei due editorialisti sul palco. Qualche fendente, invece, viene scagliato contro Michele Santoro, «grande professionista, ma ossessionato dall’idea di dover demolire scientificamente e quotidianamente una sola persona». Poi parla delle proprie abitudini in materia di informazione: «Comincio ad ascoltare i titoli del Tg1 e poi passo al Tg di Mentana», sorrisi divertiti in sala.

Bruno Vespa ha sostenuto di essere parzialmente favorevole all’ingresso dei privati in RAI. «Sono d’accordo al loro ingresso minoritario – al massimo al 40% – perché saprebbero cambiare in meglio il CdA. Ma l’idea che un grande compratore diventi unico proprietario della Rai, a mio giudizio, metterebbe seriamente a rischio l’indipendenza dalla politica. Se già oggi un titolo de ‘La Repubblica’ desta scompiglio, immaginatevi che cosa succederebbe se quelle stesse cose venissero dette al Tg1. Non parlo solo di De Benedetti, ma anche Rizzoli o qualsiasi altro grande gruppo non farebbe bene alla Rai». Ha proseguito: «Non è vero, come hanno detto, che è cambiato il mondo negli ultimi tempi, è vero invece che è cambiata l’Italia, cioè che la nostra vulnerabilità è apparsa in tutta la sua evidenza perché noi da almeno 15 anni non siamo cambiati. Nessun governo è riuscito a fare la rivoluzione italiana. La responsabilità di Berlusconi è più forte perché è entrato in politica per fare questa rivoluzione. Non avendo mai avuto il 51%, ha sempre dato la colpa a qualcuno che non gliela faceva fare: Casini, Fini. Ora è Bossi? La verità è che non ha ancora mai messo gli attributi sul tavolo. Le circostanze internazionali hanno messo la classe politica nella condizione di dover fare quello che non ha mai fatto. Il problema delle province, per esempio, fu sollevato nel 1970 da Ugo La Malfa. Berlusconi ha la possibilità – ma non so se la sfrutterà – di essere costretto a fare quella rivoluzione. Sulle province, possiamo usare i dipendenti in modo molto più efficace; di che cosa hanno paura le province? Non andrebbero mica a toglier loro i gonfaloni, semplicemente non avrebbero più questa istituzione inutile».

Non si è risparmiato Vespa, rispondendo senza esitazione alle domande del padrone di casa Enrico Cisnetto: «Mi delude la distribuzione dei pesi sulla tassa di solidarietà. In questo benedetto Paese solo 71890 persone denunciano più di 200.000 euro all’anno, circa 10.000 euro al mese netti. È giusto che su 41.000.000 di contribuenti, paghino solo 500.000 persone? Io non sono favorevole alle patrimoniali, ma francamente – quanto al comune di Milano – su 990.000 contribuenti, 960.000 dichiarano meno di 90.000 euro lordi e ci sono 415.000 persone che vivono sotto la soglia di povertà. Come mai non hanno bruciato il Duomo? Forse perché hanno mentito nella dichiarazione. In Italia esistono 3 milioni e mezzo di seconde case, 1000 euro per ogni casa sono 3,5 miliardi. Sarebbe giusto fare un mix tra redditi e patrimonio, una piccolissima cosa, elemosine. Ma significherebbe molto. Con un tasso di evasione così vergognoso, non è una manovra equa”. La manovra che si apprestano a varare dal Governo sono certo che rimarrà invariata, ma sono curioso di capire che cosa contiene esattamente. Questa volta siamo veramente costretti a farla, non è la solita, semplice manovra finanziaria che viene fatta ogni anno. A me risulta che la tassa di solidarietà varrà meno di un miliardo. O la tassa di solidarietà ce l’avremo per sempre, oppure sarà congiunturale: mettere mano alle pensioni sarebbe stato un intervento strutturale. Quelli del PdL che si stanno mobilitando mostrano l’umore dell’elettorato. Che è anche quello che sta dipingendo Libero. In parlamento delle cose succederanno, ne sono certo, anche perché quei parlamentari si muovono solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione del Cavaliere».

«La patrimoniale mi spaventa un pochino - osserva Vespa - Amato dice che se siamo 60 milioni, 20 milioni devono pagare di più. Io ci sto, ma molti altri no. Berlusconi si era studiato questo dossier. Stavolta, come a luglio, lui non ha fatto il sottosegretario di Tremonti, ma il premier. I vincoli sono ancora molto forti. Io trovo indecente caricare tutto il peso sul reddito e niente sul patrimonio, trovo che anche a giocare con piccolissime cifre si può fare una cosa più equilibrata». Ha proseguito: «La figura di Draghi è stata più determinante per questa manovra di quella dello stesso Tremonti. Quando finalmente Berlusconi è riuscito ad avere un dialogo con Draghi, che sarà il prossimo governatore della Bce, non solo di Bankitalia, la manovra ha avuto un’accelerata importante. Se Tremonti a settembre dovesse andarsene, sarebbe una perdita - giacché è una persona eccezionale - ma non una catastrofe, visto il nuovo dialogo instaurato tra Berlusconi e Draghi». Ha molto parlato di politica il conduttore RAI, rispondendo alle domande del conduttore. «Ho sempre sperato che la Lega facesse il grande passo per diventare un partito nazionale; non so se adesso si chiuderà nel grande nord a fare il partito territoriale. Per me, è possibile che Bossi e Berlusconi decidano di lasciare insieme, perché sono legati da un’amicizia profonda nata ai tempi della malattia di Bossi. Bossi mi raccontò che dopo la grande rottura del 1995, la moglie gli disse che uno che ha cinque figli non può essere un mascalzone».

Ancora: «Se a Milano il centrodestra avesse candidato Lupi avrebbe vinto col 60%. Le elezioni primarie con una sfida diretta tra Vendola e Bersani sarebbero combattutissime, anche se finirebbe col vincere Bersani. Quanto a Di Pietro, costui sta iniziando a guardare all’elettorato moderato; e questo accentua l’impossibilità per Bersani di prescindere da Di Pietro, che non va sottovalutato: gli uomini che trebbiano, dal Duce in poi, sono sempre molto determinati». Ha concluso con un è pronostico sulle prossime scelte decisive: «Casini studia da presidente della Repubblica, tuttavia però vedrei bene un governo Casini – Alfano – Maroni, come ha sostenuto oggi Enrico Letta. Berlusconi non può uscire sconfitto da vent’anni di vita politica, per questo deve mettere gli attributi sul tavolo e guidare la rivoluzione che per l’Italia è indispensabile».
 

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