CORTINA RACCONTA - Sinistra, che fare?
Sinistra, che fare?
Evento del: 25/08/2011 18:00 - Audi Palace
Data articolo: 26/08/2011
Viviamo strani giorni, qui nel Belpaese. Mentre la politica parlamentare, da tempo in vacanza, pare capitolare sotto i colpi speculativi dell’economia mondiale, esponenti chiacchieratissimi dell’élite economica nostrana (invero, si una fetta autorevole, munifica e cospicua di essa) si dicono pronti all’invasione di campo.

«È un po’ come se noi tifosi del Toro facessimo una discussione sulla formazione da mandare in campo per la finale di Champions’ League». Chiamparino sceglie la metafora calcistica, glissa e preferisce non misurarsi con la repentina accelerata dell’ispiratore di ItaliaFutura, né gli va di prendere sul serio l’endorsement dell’Ad di Fiat Group. Lo scetticismo sulle manovre estive del Presidente della Ferrari è allo stesso tempo clamoroso e cortese: «Bah, non mi faccia parlare, cosa vuole che le dica? Le uscite di Marchionne credo siano cose da valutare solo quando di reale ci sia qualcosa di più di una dichiarazione a mezzo stampa. Bisogna innanzitutto capire se si terranno le elezioni, quando queste avverranno – qualcuno parla di un anno e mezzo ma sono numeri buttati lì. Dopodiché… Perché sa: tra il dire e il fare…». «Come farebbe poi, Marchionne, a non dire che sostiene Montezemolo visto che questi è stato suo presidente per tanto tempo?». Ride fragoroso: «Al netto di tutto ciò, bisogna però capire cosa succede quando si arriverà al dunque». La notizia dunque è questa, lo snobismo elegante dell’apparato democratico.

A margine del red revival cortinese che lo contrappone all’ex sindaco sabaudo Sergio Chiamparino, il presidente Fausto Bertinotti è in bilico circa lo stato di salute della cosa rossa tricolore, rivelerà trai denti all’onorevole piddino, giacché «se sia ancora in vita non so dirlo, di certo so che, per vivere, uno deve esistere. E non è che io abbia troppe certezze su questo». Evoca la sorte dell’Araba Fenice e spera nella replica moderna. La sinistra dunque, stando all’analisi bertinottiana, «non esiste». Almeno, nella sua dimensione oltremondana, «avevamo noi rivoluzionari creduto nel mito della promozione sociale (“anche l'operaio vuole il figlio dottore”, direbbe in musica Paolo Pietrangeli ndr), dell’abbattimento delle disuguaglianze che sono di per sé offensive». Oggi l’attualità di questi temi è stridente, stante il vento destrutturante dell’emergenza finanziaria, eppure «esiste un vuoto ideale e plastico di rappresentanza valoriale». Tuona contro tutti e tutto: «Chi mi spiega perché ormai solo Comunione e Liberazione è in grado di essere rappresentativa?»

«Non esiste – insisterà l’ex presidente della Camera – la sinistra e con lei sono scomparse due altre cose ben importanti: la democrazia e la politica». «Il commissariamento tecnico che Mario Monti ha definito “l’intervento del podestà straniero” sa di signoraggio, il dibattito tra personaggi complici è mero rumore di fondo nel marasma del nuovo Secolo. La cosa necessaria ed irrinunciabile sarebbe la destrutturazione e la rinascita (o ancora la Resurrezione – preciserà, omettendo di proposito un richiamo alla Rifondazione, illusione tramontata) di una nuova sinistra Europea». Lo strumento? «Il massivo bombardamento del quartier generale», va giù duro Bertinotti. La deriva della “democrazia della spesa” (il copyright è di Ernesto Galli della Loggia) è il dramma del nostro tempo, sebbene «non sono così ottocentesco da riproporvi la rilettura del Manifesto, ma vorrei che tutti si occupassero del bene comune alla Di Vittorio». Difende il ruolo dell’individuo nel «traino delle economie». Si arrampica sugli specchi ripidi del vuoto di credibilità della nostra classe dirigente e scherza sulla discesa in campo di Montezemolo, «la pensiamo uguale su qualche cosa ma purtroppo io non godo del sostegno di Marchionne».

Motteggia pure Chiamparino: «Oggi le decisioni sono appannaggio di una cabina di regia di matrice oligarchico - europea alla ricerca forsennata della balla del pareggio di lancio». Si trova costretto ad ammettere che «la globalizzazione ha spostato i parametri su cui erano calibrati i nostri progetti». Il caos scespiriano in cui versa la galassia rossa in tutt’Europa fa dire all’ex amministratore che «ci sono più cose in cielo e in terra di quante ce ne appaiano». «I partiti sono stati nel Dopoguerra d’Europa un luogo di formazione, oggi sono ridotti a semplici ed anzi rozze commissioni elettorali». Colui che fondò l’Arcobaleno evoca la sconfitta della Comune di Parigi e parla per metafore e ricche citazioni pasoliniane («penso allo sconquasso del “paese nel Paese»). Infine arriva il momento verità: «tutti a sinistra abbiamo perso, occorre tuttavia un esercizio democratico: sarei disposto anche a militare nello stesso partito di Sergio a patto che prevalga il principio dell’ “una testa un voto”, mi genufletterei al volere della maggioranza».

Intanto una bozza programmatica nasce come controproposta alla contromanovra (perdonate la ridondanza) avanzata dai thinker di ItaliaFutura per bocca di Sergio Chiamparino: «Se, dopo aver ammirato i porticcioli delle nostre riviere pieni di barche anche in questa stagione estiva, andassimo a controllare chi di quelle imbarcazioni sono proprietari, scopriremmo che nel Paese l’economia sommersa e l’impulso all’evasione sono ancora troppo diffusi. Colpire un po’ più i patrimoni e un po’ meno i redditi, sarebbe dunque un modo per ricostituire le relazioni tra patrimonio e reddito. Tale approccio porterebbe alla cancellazione del nero che spesso rischia di essere elemento preponderante, direi quasi una base costitutiva, del sistema economico italiano». Parola di Chiamparino, l’ex sindaco sereno.
 

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