«La storia di Emanuela Orlandi deve essere ancora scritta, tante sono state le piste percorse dalla magistratura. Oggi sembrano prevalere quella che porta fino all’Inghilterra o ancora quella che coinvolge la banda della Magliana. Il suo rapimento fu chiaramente un messaggio al Papa polacco, allora percepito come “straniero” ed “iperattivo”. Mi auguro di poter ristabilire la verità e – se possibile – di riabbracciare mia sorella. Mi auguro, infine, che le trenta – quaranta persone che hanno delle notizie certe sul caso, invecchiando, acquistino il coraggio necessario a far luce sulla storia che da 28 anni non trova soluzione». A parlare è Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, a margine dell’incontro “Vaticano Spy Story” incluso nel cartellone degli eventi di Cortina InConTra, lo stesso aggiunge: «il Vaticano era la mia seconda famiglia, purtroppo Giovanni Paolo II ha permesso al silenzio di calare su questa vicenda». Si sbilancia ancora Orlandi ed annuncia ai nostri microfoni l’intenzione di costituire, già a settembre, un “Comitato per la verità” sul caso. «Ho chiesto a Benedetto XVI un atto di fierezza: abbattere quel diaframma di silenzio, quel muro di gomma ce ci separa dalla chiarezza. Non concepisco né uno Stato né una religione che ammettano una situazione simile». Orlandi ha ripercorso poi un altro momento della vicenda. «L'episodio più brutto è stato quando rilasciai un'intervista al Corriere all'inizio degli anni Novanta e dissi che si sono dimenticati di una loro cittadina - ha sottolineato Pietro - Due giorni dopo mi chiamò l'allora presidente del Governatorato, convocandomi nel suo ufficio, non sapevo perché. Mi tirò il giornale in faccia e mi disse 'ancora con questa storia di sua sorella'. Ho pensato che fosse impazzito - ha spiegato - perché era la prima volta che in Vaticano notavo una tale caduta di diplomazia.
Sandro Provvisionato, giornalista e autore televisivo, autore con Ferdinando Imposimato de “Attentato al papa” (Chiarelettere), ritiene che ci sia l’urgenza di risolvere il celebre “caso De Pedis”, vale a dire le vicende connesso col bandito seppellito a Sant’Apollinare, peraltro qui si aprirebbe un altro mistero irrisolto che coinvolge prelati e banditi della Magliana. Si intrecciano anche le vicende di una spia della Stasi, depositaria di segreti del Vaticano proprio sul caso Orlandi. Anche Ali Agca, per esempio, sarebbe legato a queste storie e, a detta dei nostri ospiti, persino la magistratura italiana apparirebbe reticente. Fabrizio Peronaci è giornalista del Corriere della Sera, coautore de “Mia sorella Emanuela” (Anordest), ha aiutato Pietro a mettere per iscritto tutti i dubbi. Ammette poi: «i magistrati sono uomini, possono sbagliare. Sono in corso sviluppi. Una telefonata, nel corso di una trasmissione, da un certo “Lupo” – che poi abbiamo scoperto essere un ex agente segreto italiano – ci ha rivelato che Emanuela è viva e nascosta a Londra». Giacomo Galeazzi, vaticanista de La Stampa ed autore con Ferruccio Pinotti de “Wojtyla segreto” (Chiarelettere), si dice stupito di come, dopo quasi tre decenni, la vicenda sia ancora tanto affascinante. Non si tratta di amore per le dietrologie o di morbosità, il volto grigio e scorato del fratello sa insegnare agli italiani una spasmodica esigenza di pulizia nei rapporti tra istituzioni. Concorda il conduttore Paolo Rodari, vaticanista de Il Foglio, curatore del fortunato blog “Palazzo Apostolico” ed autore con Andrea Tornielli de “Attacco a Ratzinger” (Piemme). Ci si saluta con una promessa: il “Comitato per la verità su Emanuela Orlandi”, comitato di pressione ed impulso verso la magistratura e di sostegno alla famiglia, sarà realtà. Promesso.